In Germania uscire dal nucleare e spingere le rinnovabili nel mercato elettrico richiederà decine di miliardi di euro di investimento nelle reti elettriche nei prossimi dieci anni. Battono cassa gli operatori della rete tedesca e paventano il rischio che lo spegnimento dei reattori e la presenza di notevoli quantità di energia pulita intermittente possa creare carenze di elettricità. A Bonn ieri il governo Merkel, il Regolatore federale del sistema elettrico e gli operatori hanno svelato all’opinione pubblica i loro piani comuni per costruire migliaia di chilometri di nuove linee elettriche entro il 2022. L’obiettivo? Aiutare il trasporto e la distribuzione dell’elettricità da rinnovabili.
Non c’è dubbio che questo stia diventando l’argomento all’ordine del giorno per chi intenda sviluppare e gestire grandi quantitativi di energia pulita nelle reti, specialmente nei Paesi in cui si è avuta un’accelerazione delle installazioni di questi impianti. In Germania per esempio si dovrà cominciare anche dalle reti, ancora carenti, che portano elettricità dagli impianti eolici offshore alla terraferma.
Su tutto questo la Germania si sta organizzando, come al solito, prima degli altri. Gli ingenti costi non sembrano però spaventare il Governo che ha ribadito di non voler tornare sulla decisione di chiudere con il nucleare, ma anzi ritiene che bisognerà velocizzare questo processo che vedrà a stretto contatto il Ministero dell’ambiente e quello dell’Economia. Già entro la fine dell’anno, ha detto la Cancelliera Merkel, si dovrà definire un quadro legislativo idoneo per espandere la rete elettrica tedesca.
Martin Fuchs della TenneT, uno dei primi cinque operatori europei delle reti, ha dichiarato che la Germania ha bisogno di costruire 2.100 km di linee in corrente continua, le prime in assoluto, e 1.700 km di linee in corrente alternata, mentre almeno 4.000 km di linee esistenti dovranno essere rinnovate.
Tra le voci degli operatori anche quella di Amprion, importante azienda attiva nelle reti di trasmissione, che prevede di investire quasi 10 miliardi euro per espandere la rete entro il 2025.
Il nuovo impegno infrastrutturale richiederà il maggiore coinvolgimento possibile dei cittadini in questo processo, dice il presidente della Terna tedesca. Certamente le questioni aperte e i problemi per attivare tali investimenti non sono di facile soluzione; per esempio si dovrà stabilire chi dovrà sopportare in anticipo i costi e quali saranno le responsabilità da assegnare agli investitori. A garanzia della serietà dell’impegno, tuttavia, per monitorare il programma di ampliamento e ammodernamento delle reti si terranno almeno due volte all’anno incontri tra le parti coinvolte (il prossimo è già fissato per il 14 giugno).
Mentre in Germania si stanno ponendo le fondamenta di un nuovo sistema infrastrutturale che dovrà supportare la fase di chiusura del nucleare e lo sviluppo delle rinnovabili, in Italia le idee sul da farsi restano poche chiare ai più, o quanto meno non particolarmente trasparenti, a cominciare dagli accumuli.
Vorremo segnalare a proposito un interessante articolo di Ugo Bardi dal titolo “Leverage points in energy storage” che pone dubbi proprio sulla necessità di investire ingenti risorse su grandi e diffusi accumuli per l’energia da rinnovabili. Bardi spiega che volere elettricità su richiesta e per grandi quantitativi in ogni momento porterebbe ad avere sì prezzi dell’energia elettrica stabili ma enormemente elevati. Avere invece prezzi flessibili, anche come strumento in grado di gestire la domanda, sarebbe un giusto compromesso e un’opportunità: puoi pagare molto l’energia in certi momenti e pochissimo in altri. L’opportunità è anche rendere più accessibile l’elettricità ai più poveri. Bardi sostiene che questo non significa nemmeno la morte delle rinnovabili. La questione che emerge da questa analisi invece è capire quanto e dove decidere di immagazzinare l’energia elettrica dalle fonti rinnovabili. È quel punto di equilibrio la chiave per rendere il sistema sostenibile ed efficiente.