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[Data: 11/07/2012] [Categorie: Alimentazione;Ecologia;Economia;Equità;Pace;Politica; ] [Fonte: Greenreport.it] |
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Land grabbing estremo. Survival: «ll governo dell’Etiopia usa la fame per sfrattare le tribù dell’Omo» Suvival Internationa dice che diverse tribù della bassa valle del Fiume Omo, in Etiopia, hanno inviato all'Ong che difende i popoli indigeni «testimonianze preoccupanti sulle manovre del governo etiope, che sta distruggendo le coltivazioni delle comunità per forzarle a lasciare le loro terre e a trasferirsi nelle aree di reinsediamento designate». Il governo di Addis Abeba sta sostenendo con ogni mezzo una delle più vaste e spregiudicate operazioni di land grabbing in corso in Africa per favorire multinazionali occidentali ed imprese cinesi ed indiane. La Bassa valle dell'Omo è una delle zone più remote e culturalmente diversificate del pianeta, ospita circa 200.000 persone provenienti da 8 comunità agro-pastorali uniche che ci vivono da tempo immemorabile. Il loro modo di vita e la loro identità sono legati alla terra ed all'accesso al fiume Omo. La valle dell'Omo, vicino al confine con il Kenya, è definita dal governo dell'Etiopia "Southern Peoples, Nations, and Nationalities Region" (Snnpr), nel 1980 è stata proclamata Patrimonio mondiale dell'Unesco ed al suo interno l'ambiente e le culture dei popoli tribali dovrebbero essere tutelati. Secondo Survival «i più colpiti dal furto della terra sono i pastori Suri, Bodi e Mursi, e i cacciatori-raccoglitori Kwegu. Molte famiglie sono disperate perché non hanno più sorgo. Anche i loro terreni da pascolo vengono distrutti rapidamente: il governo continua infatti ad affittare le loro terre a imprenditori agricoli che le convertono in piantagioni di canna da zucchero e palma da olio». Human Rights Watch ha recentemente pubblicato il rapporto "What Will Happen if Hunger Comes?: Abuses against the Indigenous Peoples of Ethiopia's Lower Omo Valley" che in 73 pagine «Documenta come le forze di sicurezza governative stanno costringendo, attraverso la violenza e l'intimidazione, le comunità a trasferirsi dalle loro terre tradizionali, minacciando il loro intero modo di vivere senza compensazione o la scelta di mezzi di sussistenza alternativi. I funzionari governativi hanno effettuato arresti e detenzioni arbitrarie, percosse e altre violenze contro i residenti della bassa valle dell'Omo, che hanno messo in discussione o resistito ai piani di sviluppo». A marzo Survival aveva dimostrato, cartografie e foto alla mano che il progetto agro-industriale appoggiato dal governo dell'Etiopia sta uccidendo il corso dell'Omo inferiore che fornisce il sostentamento ad almeno 100.000 indigeni. Il corso verso valle dell'Omo è stato deviato all'altezza della famigerata diga Gibe III, che nel luglio del 2006 il governo etiope ha appaltato alla società italiana Salini Costruttori per realizzare più grande progetto idroelettrico mai realizzato nel Paese- L'acqua è stata deviata in un canale di irrigazione aperto di recente, uno dei tanti che andranno ad alimentare il progetto di piantagioni su vasta scala che verrà sfruttato da investitori privati e statali. Un progetto dal quale i popoli autoctoni sono esclusi, anzi scacciati. Una donna Mursi ha raccontato a Survival quello che sta succedendo nell'indifferenza dell'Italia, ex potenza coloniale con forti interessi in Etiopia, e del mondo: «Alcune comunità bodi sono già state trasferite in campi contro il loro volere. Si stanno prendendo la nostra terra con la forza. I bulldozer hanno spianato persino gli orti dove stavamo coltivando il nostro cibo. Sono andati dritti dove stava crescendo il nostro sorgo. Ai Mursi è stato detto di vendere il bestiame e che saranno spostati nei campi di reinsediamento entro la fine di quest'anno. Ieri sono andata al fiume Omo. Sono andata per prendere il grano, ma non c'era più niente. I miei granai sono stati distrutti (dai bulldozer). Non mi piace quello che stanno facendo. Quando sono arrivata là, ho pianto. Le nostre riserve di grano non c'erano più. Adesso avremo grossi problemi. Non sappiamo cosa fare. Forse moriremo». Ben Rawence, senior Africa researcher di Human Rights Watch ha denunciato che «I piani ambiziosi dell'Etiopia per la valle dell'Omo sembrano ignorare i diritti delle persone che vi abitano, Non c'è nessuna scorciatoia per lo sviluppo, le persone che ci vivono hanno fatto affidamento su quella terra per la loro sussistenza e bisogna rispettare i loro diritti di proprietà, anche per quanto riguarda la loro consultazione e le compensazioni». L'accesso al fiume è stato bloccato perché il governo vuole continuare a spianare indisturbato le terre tribali ed a costruire le strade che portano alle piantagioni di canna da zucchero del Kuraz Sugar Project. Il governo centrale di Addis Abeba sta anche procedendo a tappe forzate all'affitto di vaste aree di terre tribali agli investitori stranieri, per favorire progetti che sconvolgeranno un territorio patrimonio dell'umanità. «Nella parte occidentale del Parco Nazionale dell'Omo - spiega Survival - i Suri stanno protestando contro una compagnia malese che sta piantando palma da olio nelle migliori terre da pascolo della tribù». Un leader suri ha detto che «Il governo ha mandato dei soldati che per due settimane hanno cercato di impedire che i Suri seminassero i loro campi. Lo hanno fatto per ridurre alla fame le persone e far accettare il trasferimento nei siti di reinsediamento. La maggior parte dei Suri ha paura ad andare a coltivare i campi. Solo in pochi lo hanno fatto. In un villaggio vicino alla piantagione malese sono state bruciate tre case insieme alle riserve di grano che contenevano. Sono stati quelli che lavorano nelle piantagioni». |
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