Politiche energetiche
Il nucleare italiano arriverà solo nel 2020
Un ritorno dell'Italia al nucleare è possibile da un punto di vista economico, ma i tempi saranno molto più lunghi di quanto inizialmente previsto dal Governo. Sono queste le principali conclusioni del convegno “L'opzione nucleare in Italia: quali prospettive?”, organizzato dall'Aiee (Associazione italiana economisti dell'energia). Il caro petrolio e le turbolenze dei mercati stanno facendo tornare in auge questa fonte energetica: attualmente la potenza disponibile in tutto il mondo è di 372 Gw, con una produzione di circa 2.600 Tw, pari a circa il 15% dell'energia elettrica prodotta a livello mondiale da tutte le fonti primarie. Nuovi progetti sono già in fase di costruzione in diversi paesi, in particolare in Asia e nel Vecchio Continente: a luglio 2008 erano in cantiere in tutto il pianeta 35 centrali, per una potenza aggiuntiva di poco superiore a 29 Gw, mentre altri 91 impianti sono già stati pianificati.
La necessità di un chiaro iter autorizzativo
L'Italia al momento non è ricompresa in queste previsioni ma, com'è noto, il Governo ha scommesso sulla possibilità di un ritorno al nucleare, indicando l'obiettivo di coprire con l'energia atomica il 25% del fabbisogno nazionale. Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo nucleare, ha evidenziato le maggiori problematiche da superare per rendere operativa questa scelta: oltre al problema dell'accettabilità sociale (che però in Italia riguarda persino le strutture eoliche), la difficoltà maggiore da superare riguarda il processo autorizzativo, che nel nostro paese andrebbe completamente ridefinito. Perché le imprese si assumano il rischio di investire ingenti capitali nel progetto nucleare, è infatti necessario innanzitutto che l'iter sia chiaro nell'individuare gli attori coinvolti. Deve essere inoltre certo quali siano i requisiti da soddisfare, e occorre inoltre che l'intero processo sia semplice, così da poter essere completato in unica fase, un po' come accade negli Stati Uniti. Come ha spiegato Roberto Potì, direttore centrale di Edison, « Lo Stato deve elaborare le regole del gioco per rendere la scelta del nucleare sostenibile perché oggi, con gli attuali strumenti normativi, non lo è».
Un rapido ritorno sull'investimento
Minori problemi sembra invece suscitare l'aspetto economico, nonostante la forte crescita dei costi registrata negli ultimi anni a causa dell'escalation dei prezzi delle materie prime. Secondo uno studio realizzato da Massimo Gallanti (Cesi) e Federeico Santi (Aiee), assumendo un prezzo medio annuo dell'energia elettrica di 100 euro al Mwh, il tempo del ritorno dall'investimento di un impianto nucleare di tipo Epr (reattori ad acqua in pressione della terza generazione) da 1600 Mw, valutabile in circa 4,2 miliardi di euro, risulterebbe inferiore ai sei anni. La prima centrale però, potrebbe entrare in funzione solo nel 2020 e gli effetti positivi potrebbero arrivare intorno al 2026, mentre il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ne aveva ipotizzato la realizzazione già entro questa legislatura (2011). A partire dal 2026, con la costruzione di 4 impianti Epr su tutto il territorio nazionale, l'Italia potrebbe fare a meno di circa 9 miliardi di metri cubi di gas l'anno, evitando l'emissione di circa l7 milioni di tonnellate di Co2. Si avrebbe così un risparmio annuale di circa 3 miliardi di euro sui costi complessivi della produzione elettrica nazionale.
Le ragioni del No
Lo studio non ha però preso in considerazione i possibili benefici del nucleare sulla bolletta elettrica dei consumatori, e neanche gli altri relatori del convegno si sono sbilanciati a proposito. Questa incertezza è stata messa in evidenza da Stefano Ciafani, direttore Scientifico di Legambiente, che ha inoltre sottolineato come «In Italia non esistono certo miniere di uranio, e perciò ci ritroveremmo comunque dipendenti per le materia prima». Secondo il responsabile ambientalista, inoltre, i vantaggi che l'energia atomica potrebbe portare in termini ambientali e di diversificazione delle fonti sono troppo limitati per giustificare investimenti così ingenti. La soluzione migliore per il futuro energetico dell'Italia, ha precisato Ciafani, sarebbe quella di diventare un hub europeo del gas, dando il via libera alla costruzione di nuovi rigassificatori.
Uno sforzo comunicativo
Una scelta cheavrebbe però la controindicazione di affidare definitivamente il fabbisogno energetico nazionale agli umori di paesi (Russia, Libia, ecc) che non assicurano la massima stabilità da un punto di vista geopolitico. Ma le decisioni strategiche di lungo periodo, hanno sottolineato i relatori, difficilmente appassionano l'opinione pubblica. Perché l'Italia accetti il ritorno al nucleare è necessario un grande sforzo comunicativo: sottolinearne maggiormente i vantaggi ambientali (il nucleare non produce emissioni di Co2) potrebbe essere la strada giusta da seguire.
|