Salvare le banche o l´ecosistema e i poveri?
BARCELLONA. Al World conservation congress che si conclude oggi a Barcellona, tra le tante iniziative pubbliche ce ne sono state anche di molto riservate, come quella a porte chiuse che si è svolta tra un selezionatissimo gruppo di ministri, leader di Ong, multinazionali e scienziati e della quale sono state fatte filtrare alcune preoccupate conclusioni.
Secondo il gruppo scelto di personalità, almeno a quanto riferisce l´Ips, lo sconvolgimento economico planetario provocherà (e forse sta già provocando) un effetto collaterale che potrebbe rimettere in discussione tutte le politiche ambientali relative alla conservazione delle specie ed alla lotta al climate change. Insomma, banche in crisi e biodiversità in calo si disputeranno i fondi per sopravvivere.
Lo "Stato-infermiere" invocato da tutti rischia di non trovare i 250 miliardi di dollari necessari per adattarsi e mitigare i danni del cambiamento climatico, una cifra che secondo gli esperti riuniti a Barcellona, andrebbe moltiplicata per 10 per invertire il global warming e che rischia di scomparire inghiottita dal global storm delle borse mondiali e dell´economia virtuale e reale.
Secondo TerraViva «La conclusione del dibattito è stata che il denaro non sarà sufficiente, però potrebbe essere ottenuto attraverso governi, organizzazioni internazionali ed imprese private, anche se sono sotto pressione per la crisi che colpisce i sistemi finanziari, a volte intoccabili, del mondo occidentale.
Se in tempo di crisi ottenere finanziamenti sarà un problema comune, l´altro corno del problema è quale sarà l´entità di questi fondi e in quale forma arriveranno per mantenere la base dei servizi ecosistemici che sostengono l´economia reale. Dalla riunione sarebbe emersa la necessità di un qualche meccanismo di governo coordinato, o addirittura unico, per distribuire i fondi agli ecosistemi più sofferenti in modo «misurabile, dichiarato e verificabile».
La tappa ineludibile e da non mancare è Copenaghen 2009, quando il summit mondiale sul cambiamento climatico dovrà approvare le misure del Protocollo di Kyoto che scade nel 2012 e sostituirle con nuove e più globali e stringenti politiche.
La situazione attuale è quella di una frammentazione di aiuti, progetti e contributi grandi e piccoli e la sensazione è che donatori e riceventi passino più tempo a parlare e a trattare che a mettere in campo azioni concrete. Un´altra critica che è filtrata dalla riunione è che alcuni dei fondi più reclamizzati per la lotta al cambiamento climatico sono in realtà finanziamenti riciclati previsti da vecchi accordi mai attuati.
La riunione a porte chiuse è stata coordinata da Erich Vogt, responsabile delle politiche multilaterali dell´Iucn, che, basandosi su quanto detto dai finanziatori, ha detto a TerraViva che «I fondi sono scarsi e lo saranno ancora di più a causa della crisi finanziaria. Se le agenzie governative salvano le banche, il denaro di questi salvataggi non verrà rimpiazzato», così le imprese, dalle quali si sperava venissero l´80% dei fondi necessari a combattere il cambiamento climatico attraverso meccanismi come l´acquisto delle quote di gas serra, tenderanno a rivedere i loro investimenti. Prospettive fosche per la difesa di biodiversità ed ambiente e che secondo Vogt dipenderanno da dove andrà a finire quello che chiama «il denaro forte». Tutto dipende dal "patto mondiale" che si cerca faticosamente di costruire in queste ore concitate e che «Deve contenere accordi obbligatori su obiettivi e fondi». Ma è evidente anche a Barcellona il calo dell´importanza di politiche e investimenti per combattere il cambiamento climatico che da urgenza planetaria diventa uno sfondo sfocato del crollo finanziario.
Una preoccupazione che è anche del segretario generale dell´Onu, Ban Ki-moon che pur rallegrandosi per le misure prese da Usa ed Europa per rispondere alla crisi finanziaria ricorda che l´impatto maggiore non sarà sui ricchi riuniti a Washington o a Bruxelles, ma sui più poveri del pianeta.
«La crisi finanziaria mondiale - ha detto Ban - colpisce duramente l´economia mondiale. L´azione concreta condotta dai ministri delle finanze dei Paesi chiave colpiti da questa crisi e dal comitato finanziario e monetario internazionale del Fmi a Washington in questo week-end è destinata a restaurare la fiducia nei mercati finanziari. E´ lodevole ma sono necessari approcci più coordinati, tra i quali un intervento diretto dei governi delle principali economie, per ricapitalizzare il sistema bancario e garantire i risparmi della gente comune«».
Ban Ki-moon si è detto «molto preoccupato per l´impatto di questa crisi sul mondo in via di sviluppo, in particolare sui più pioveri tra i poveri. Le iniziative della Banca mondiale e del Fmi per fornire urgentemente nuove liquidità ai Paesi poveri potrebbero aiutarli a contrastare aslcune conseguenze di questa crisi. Ma deve essere fatto di più. Le Nazioni Unite devono prevedere un´azione multilaterale per attenure l´impatto dei recenti avvenimenti sul programma dell´Onu in materia di sviluppo, vale a dire la messa in opera degli Obiettivi del millennio per lo sviluppo, le crisi alimentare ed energetica o il cambiamento climatico».
L´occasione potrebbe essere la Conferenza sui finanziamenti allo sviluppo che si terrà a noovembre a Doha e che secondo Ban Ki-moon «fornisce un´occasione importante per assicurarsi che le difficoltà finanziarie attuali non pesino sugli impegni già presi per fornire maggiori aiuti e risorse finanziarie al fine di realizzare gli Obiettivi di sviluppo. La maniera in cui i governi hanno dovuto gestire la crisi mostra le lacune del sistema finanziario mondiale ed è necessario prendere in esame riforme profonde e di sistema».
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