Il Consiglio europeo respinge il tentativo di alcuni paesi di bloccare la direttiva 20-20-20
In prima fila anche l'Italia che con Berlusconi ha chiesto una fase di "souplesse"
Clima, l'Europa vuole andare avanti
ma Roma e Varsavia minacciano veto
BRUXELLES - Si annuncia un braccio di ferro sulle politiche europee a contrasto dei cambiamenti climatici. Da un lato Italia e Polonia, che minacciano il veto pur di fermare i tagli alle emissioni di anidride carbonica e l'incremento di efficienza energetica ed energia rinnovabile. Dall'altro il Consiglio europeo, che malgrado la crisi finanziaria, ribadisce invece la volonta di confermare tutti gli obiettivi della direttiva 20-20-20, raggiungendo un accordo definitivo entro dicembre. Una spaccatura, all'indomani del successo di unità e azione corale mostrato sulla crisi finanziaria, che ricorda la spaccatura che dilaniò l'Europa ai tempi della seconda guerra in Iraq.
Teatro dello scontro è la riunione dei capi di stato e di governo dei 27 in corso a Bruxelles. A poche ore dall'inizio dei lavori, il Consiglio europeo ha diffuso una nota nella quale "conferma la propria determinazione a mantenere gli impegni ambiziosi che ha preso in materia di politica del clima ed energetica. In questo contesto riafferma l'obiettivo di arrivare in dicembre, in stretta associazione con il Parlamento europeo, ad un accordo sulle quattro proposte legislative della Commissione".
"Queste proposte - prosegue il testo - formano un insieme coerente, il cui equilibrio e i parametri fondamentali devono essere preservati, pur portando soluzioni appropriate alle poste in gioco della sua attuazione per tutti i settori dell'economia europea, e per tutti gli stati membri, vegliando a un rapporto costo-efficacia soddisfacente".
La lotta ai cambiamenti climatici, secondo l'Unione Europa non può insomma essere messa a repentaglio dalla crisi finanziaria e deve rimanere una priorità. Una determinazione contro la quale Roma e Varsavia (ma sono sulla stessa linea anche un gruppetto di paesi dell'ex blocco comunista) hanno minacciato di utilizzare l'arma del veto, lamentando i presunti contraccolpi che avrebbe per l'economia il perseguimento in questa fase congiunturale dell'agenda fissata con la direttiva 20-20-20.
Sul pacchetto clima, ha affermato Berlusconi, "gli impegni che l'Unione Europea si era data sotto presidenza tedesca oggi si confrontano con una crisi nella quale siamo. Non crediamo che questo sia il momento per andare avanti da soli e fare i don Quichotte". Per il presidente del Consiglio è necessario rinviare il pacchetto clima anche perché "i maggiori produttori di C02 che sono Stati Uniti e Cina sono assolutamente negativi sul fatto di aderire alla nostra azione". In realtà, tanto Obama quanto McCain, pur senza sbilanciarsi nettamente su un'adesione al Protocollo di Kyoto, si sono entrambi espressi a favore dell'introduzione di limiti alle emissioni di gas serra, mentre Pechino non è contraria in linea di principio ma chiede di ottenere aiuti attraverso il trasferimento di tecnologie verdi e pretende che l'Occidente si a coerente nel dare il buon esempio.
Berlusconi ha attaccato in particolare lo scambio di quote di emissioni di CO2 previsto dal pacchetto europeo. "E' una cosa veramente ridicola che credo veramente si debba cambiare", ha osservato aggiungendo che questa misura scatenerebbe "un nuovo tipo di mercato finanziario su titoli derivati che sarebbero tossici come i sub-prime".
Il provvedimento 20-20-20, nella sua definizione originale, obbliga l'insieme dell'Unione a raggiungere entro il 2020 un taglio delle emissioni di CO2 del 20%, ad incrementare efficienza energetica ed energia prodotta da fonti rinnovabili di un altro 20% e ad aumentare al 10% la quota di biocarburante utilizzata per l'autotrasporto.
La posizione di Berlusconi ha scatenato i duri commenti delle associazioni ambientaliste. "L'Italia è rimasta isolata e la tesi della priorità della crisi economica rispetto agli impegni da adottare per il pacchetto clima è stata rigettata dalla maggioranza dei Paesi europei", denuncia Legambiente. "Il veto annunciato da Berlusconi rimane l'ultimo atto disperato di un paese sconfitto in una assurda battaglia di retroguardia".
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