c Ecco cosa ha davvero deciso ieri l´Ue sulle ´tre 20´ - 17/10/2008 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 17/10/2008]
[Categorie: Ecologia ]
[Fonte: Greenreport]
[Autore: Lucia Venturi]
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Ecco cosa ha davvero deciso ieri l´Ue sulle ´tre 20´

LIVORNO. Le dichiarazioni di grande soddisfazione da parte del governo italiano e di Confindustria per l’esito della riunione del Vertice del Consiglio europeo assumono una connotazione più sobria se lette alla luce di quanto effettivamente sta scritto nel documento finale. E se incardinate nel calendario già previsto delle riunioni dei consigli europei.
Non sembra infatti esserci nessun rinvio di decisioni a dicembre, perché quella era comunque la data già calendarizzata (nel programma di semestre di presidenza francese) e soprattutto la decisione non sarà necessariamente presa all’unanimità.

Due elementi che potevano effettivamente suonare come una vittoria del Governo italiano a prendere tempo e soprattutto a pesare sulle decisioni e che invece cadono entrambi.
Ma che sono stati altresì letti nella maniera che il premier e Confindustria indicavano, ovvero di un grande successo. Nonostante qualche nota indicasse esattamente il contrario.

«Nel documento approvato oggi (ieri ndr) dal Consiglio non si parla di unanimità, peraltro esclusa in tutti i casi di codecisione tra Consiglio e Parlamento, ma dell´impegno a trovare, entro dicembre, una soluzione condivisa. Se l´Italia insiste nell´ ostruzionismo, alla fine l´Europa andrà avanti senza di noi» dichiarava ieri Roberto Della Seta, senatore del Pd e capogruppo in commissione Ambiente.

Stessa posizione assunta anche dalla presidente del Gruppo Verdi al parlamento europeo, Monica Frassoni: «La linea di Berlusconi e Confindustria che volevano scardinare il pacchetto energia è stata completamente sconfitta dal vertice europeo: continua tuttavia la campagna di disinformazione condotta in questi mesi del presidente del Consiglio che rivendica oggi un successo inesistente».

In effetti nelle conclusioni della presidenza (pubblicate ieri da questo giornale) non sta scritto da nessuna parte che la decisione del vertice di dicembre dovrà essere presa all’unanimità, come hanno invece sbandierato sia Berlusconi che il ministro degli Esteri Frattini forse semplificando un po’ troppo (pro domo loro) – per non parlare della confusione mediatica che vede oggi i principali quotidiani nostrani dire cose esattamente opposte tra di loro - il significato delle decisioni prese dal vertice.

Parlare di veto o di unanimità per le decisioni del vertice dei capi di Stato e di governo, è infatti "improprio" secondo fonti del Consiglio Ue, trattandosi di orientamenti politici (che vengono normalmente presi all’unanimità) e non di decisioni legislative.

Sulle misure legislative come sono quelle del pacchetto Clima (tre direttive e una decisione) il meccanismo decisionale dipende dalla base giuridica, ovvero da uno specifico articolo dei Trattati, che in questo caso prevede la maggioranza qualificata (e l´approvazione del Parlamento europeo), e che non può essere applicato o disapplicato a piacere dai capi di Stato e di governo.
Quello che è stato deciso come orientamento politico (e con il consenso unanime) nel vertice di ieri è di intensificare il lavoro tecnico sulle misure del pacchetto su clima ed energia.

Questo significa rielaborare tutti i dati già a disposizione della Commissione sull´impatto economico che l’applicazione del pacchetto clima avrà sugli stati membri, presentando un quadro consolidato dei costi e dei benefici per ogni paese e per ogni settore. Un modo per fare chiarezza e per sgombrare il campo da studi e balletti di cifre che ha caratterizzato, in particolare in Italia, la discussione di questi ultimi mesi (e degli ultimi giorni) per dimostrare quanto l’Italia sarebbe stata penalizzata nella sua economia (già in crisi) da previsioni considerate troppe ambiziose.

«Non è possibile che l´Italia, che ha un´economia basata sul manifatturiero, si addossi 18 miliardi all´anno di gravame» ha dichiarato il premier Berlusconi, che aveva il giorno precedente indicato in 25 miliardi le spese aggiuntive per il nostro Paese per il pacchetto clima-energia voluto da Bruxelles. Mentre nei giorni scorsi il ministro dello sviluppo Scajola aveva indicato costi pari a 181 miliardi dal 2011 al 2020 allineandosi con quanto in precedenza aveva dichiarato il suo collega Ronchi, calcolando che si trattava dell´1.14% del Pil, e del 19.7% del totale per tutta l´Ue (più di Germania, Francia e Gran Bretagna).

La Commissione, invece, nella sua valutazione d´impatto del gennaio scorso ha stimato i costi del pacchetto clima sul sistema energetico italiano pari a una quota fra lo 0,51% e lo 0,66% del Pil nel 2020, ovvero fra i 9,5 e i 12,3 miliardi di euro (ai prezzi del 2005): situazione ben diversa da quanto il governo, spalleggiato da Confindustria in questa battaglia, va dicendo.

Quello che quindi si può trarre come conclusione del Vertice europeo di Bruxelles è il fatto che c’è stato un impegno politico da parte del presidente di turno dell’Unione, Nicolas Sarkozy, ad accogliere le richieste provenienti dall’Italia (che ha trovato un alleato nella Polonia) di tenere in conto delle esigenze e delle difficoltà paventate riguardo al raggiungimento degli obiettivi del pacchetto. Quindi a lavorare per trovare il modo di risolvere da qui a dicembre tutti i problemi sollevati ed arrivare quindi al vertice in condizioni di prendere una decisone unanime. E lasciare poi ai Consigli settoriali (a livello ministeriale) il compito di approvare definitivamente le direttive del pacchetto.

Se non vi fosse invece l’accordo politico all’unanimità, la presidenza francese potrà scegliere di rimandare la decisione finale al Consiglio dei ministri, mettendo quindi in minoranza i paesi reticenti. Il vertice dei capi di Stato e di governo, infatti , può trasformarsi in Consiglio Ue (come se i premier fossero dei normali ministri), e prendere decisioni a maggioranza qualificata. L’altra strada sarebbe quella di rinunciare all´approvazione del pacchetto entro la fine dell´anno, dichiarare la sconfitta del proprio programma di presidenza del semestre e rinviare quindi il tutto alla presidenza successiva, che spetterà alla Repubblica ceca. Una via che sembra francamente poco probabile.

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