Legambiente: l'Ue proceda col pacchetto clima-energia
"L'Italia in questi giorni ha offerto un triste spettacolo, usando toni populistici per difendere l'indifendibile, vale a dire la propria incapacità di avviare una seria politica sul clima e sull'energia" - riporta un comunicato congiunto di Greenpeace, Legambiente e Wwf. "La realtà è che il sistema energetico italiano è caratterizzato da privilegi storici stratificati e dall'inefficacia degli incentivi che in larga parte vanno ai combustibili fossili. E' ovvio che avere dei target vuol dire riformare tale sistema,ed è questo che non piace alle industrie del settore: è su questo che la politica non sa intervenire. L'attuale pacchetto energia-clima è un'opportunità per riformare un sistema energetico che fa acqua da tutte le parti. Il nostro Paese rischia di perdere un'occasione di modernizzazione. La politica del rinvio, dell'attesa, del cercare di ridurre gli impegni è perdente da tutti i punti di vista. Espone l'Italia al rischio di rimanere il fanalino di coda non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello industriale" - sottolineano le tre associazioni.
"Giustamente l’Europa non tace e per bocca del commissario per l'Ambiente Stavros Dimas rivela quella che è una eclatante verità: le cifre che Berlusconi e il governo italiano citano sono fuori da ogni proporzione e ben lontane da quel che chiede l’Unione europea". Così Legambiente commenta la polemica in corso tra la Commissione europea e il governo italiano sulla chiusura dell’accordo sul pacchetto climatico e gli obiettivi da raggiungere entro il 2020. "Al contrario di quanto afferma il governo - si legge nel documento dell’associazione - la Commissione europea ha già offerto all’Italia un incredibile sconto sui nuovi target per il clima, con la scelta di fissare al 2005 invece che al 1990 l’anno di riferimento per i nuovi tagli dei gas a effetto serra entro il 2020. Entro il 2020 infatti, secondo quanto stabilisce il pacchetto Ue, l’Italia dovrà ridurre le proprie emissioni a effetto serra del 13 per cento rispetto ai livelli del 2005.
"Rispetto ai costi poi, Governo italiano e Confindustria hanno lanciato un grido di allarme per l’economia italiana, sostenendo che la spesa per il nostro Paese, dovesse essere di circa 25-30 miliardi di euro l’anno. Peccato – commenta il responsabile energia di Legambiente Edoardo Zanchini – che questi studi non siano stati mai resi pubblici e che siano stati smentiti dalla stessa Commissione europea secondo la quale l’adeguamento alla direttiva 20-20-20 costerà all’Italia 8 miliardi di euro l’anno, secondo calcoli che si basano sui costi di investimento previsti per lo sviluppo di rinnovabili, abbattimento dei gas a effetto serra, efficienza energetica e sulla riforme strutturali del sistema elettrico necessarie, senza considerare però i benefici economici del pacchetto". Ma a fronte dei 92 miliardi di spesa previsti per l’intera Ue, la Commissione stima anche un risparmio di circa 50 miliardi di euro per la riduzione delle importazioni di gas e petrolio e un risparmio di 10 miliardi rispetto alle attuali spese per i danni prodotti dall'inquinamento atmosferico, senza contare i benefici in termini di efficienza e ammodernamento industriale. Per l’Italia, l’Ue stima un risparmio di 7,6 miliardi l’anno nel taglio delle importazioni di idrocarburi e di 0,9 miliardi di euro nei costi per contrastare l’inquinamento.
Critiche anche da Greenpeace che lo scorso weekend ha svolto azioni dimostrative sottolineando che investendo in fonti rinnovabili si possono creare almeno 120mila nuovi posti di lavoro. "Si tratta di stime del Politecnico di Milano e dell’Anev e non di Greenpeace" - evidenzia Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace. "Posti che, grazie all’insistenza del Governo e dell’Enel per il carbone, stanno volando in Germania. Non ci si può aspettare niente di diverso da parte di un Governo che ha ridotto il ministero dell’Ambiente a qualcosa più di un ufficio di rappresentanza di Confindustria. E meno male che l’Europa se ne è accorta" - conclude Onufrio.
Aprendo due enormi striscioni con il messaggio "Il governo contro Kyoto" e "Mai più carbone" Greenpeace ha svolto un'azione di protesta alla centrale di Civitavecchia. La recente conversione a carbone della centrale di Civitavecchia "rappresenta il fallimento della politica energetica italiana verso la riduzione delle emissioni di gas serra. Una volta in funzione, la centrale di Civitavecchia immetterà in atmosfera oltre 10 milioni di tonnellate di CO2, pari alle emissioni di 2 milioni di SUV, ognuno dei quali percorre 25mila km in un anno" - ricorda Greenpeace. "Tutto ciò va ad aggiungersi al ritardo che l'Italia ha già contratto per Kyoto: 50 milioni di tonnellate l'anno. Per questo Greenpeace ha lanciato anche una cyberazione per chiedere al governo una moratoria sulle centrali a carbone e una rivoluzione energetica pulita.
Ieri gli attivisti di Greenpeace hanno bloccato il nastro trasportatore della centrale di Fiume Santo in Sardegna, oggi proprietà di E.ON. La protesta è contro i piani di espansione del carbone della Regione Sardegna. Secondo il rapporto presentato recentemente da ANEV, la Sardegna potrebbe installare - nel pieno rispetto del paesaggio e dell’ambiente - circa 1750 MW al 2020, dando occupazione a oltre 7.000 persone, producendo circa 3 miliardi di kilowattora (il 25% del consumo interno della regione). Prodotta con il carbone, questa energia emetterebbe oltre 2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. [GB]
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