Pianeta terra: le tre crisi hanno bisogno di una risposta comune
LIVORNO. Intervenendo alla John F. Kennedy school of government dell´università di Harvard a Boston (Usa) il segretario generale dell´Onu, Ban Ki-moon, ha detto che «La solidarietà mondiale è una necessità per affrontare le crisi finanziaria, alimentare, energetica, ambientale che colpiscono simultaneamente il pianeta. Sono ormai passati diversi mesi, quando ho parlato di una tripla crisi, la crescita dei prezzi delle derrate alimentari e del carburante, l´accelerazione del cambiamento climatico ed uno sviluppo rallentato per più di un miliardo di persone in tutto il mondo, alcuni pensavano che drammatizzassi. Oggi, con la conferma di queste tre crisi, aggravate dagli choc successivi della crisi finanziaria, il mio appello sembra ormai lontano e troppo timoroso. Adesso, più che mai, dobbiamo essere audaci. La solidarietà mondiale è necessaria e nell´interesse di tutti».
Ki-moon ha fatto l´elenco dei pericoli incancreniti nel mondo da anni di una deregulation globalizzatrice dell´economia ma non dei diritti di base: instabilità del sistema finanziario, cambiamento climatico, sanità, terrorismo, non-proliferazione e disarmo ed ha detto che questi problemi rimossi e non affrontati «fanno pesare una minaccia su tutti i Paesi, che siano ricchi o poveri, piccoli o grandi, e soprattutto sulla gente; oltrepassano le frontiere senza difficoltà e sono molto contagiosi; non possono essere risolti senza un´azione comune».
Ma l´uragano finanziario che non cessa di scuotere le borse mondiali probabilmente se ne frega dei poveri, per questo Ban Ki-moon ha chiesto di non dimenticarli: «Non ci possiamo permettere che la crisi finanziaria si trasformi in una crisi umana prolungata». Il pericolo sempre più reale è che i 16 miliardi di dollari promessi al summit sugli Obiettivi del millennio per lo sviluppo di settembre vengano destinati a tappare i buchi delle banche e delle imprese dei Paesi ricchi. E l´Italia non dà certo il buon esempio: la finanziaria triennale in discussione nelle commissioni prevede un taglio di circa il 50% dei fondi destinati allo sviluppo. Se approvata, la percentuale del Pil che l´Italia investe nel sostegno ai Paesi poveri calerebbe da già misero 0,2% (3 miliardi di euro) del 2007 allo 0,1% del 2009.
Eppure il nostro Paese aveva solennemente promesso al G8 di Genova di portare gli aiuti allo 0,51% del Pil entro il 2010, a questo punto ci vorrebbe un miracolo o un trucco di finanza creativa per quintuplicare le risorse in un anno. Ma l´Italia ha promesso ancora di più: si è impegnata a stanziare fondi per lo 0,7% del Pil entro il 2015. La verità è che è penultima tra i donatori europei.
Ban Ki-moon ha affrontato anche il tema del cambiamento climatico, ed ha detto che «Non è possibile ritardare le misure per lottare contro questa crisi. Dobbiamo concludere un nuovo accordo globale sul clima che possa essere ratificato ed entrare in vigore prima della scadenza del Protocollo di Kyoto nel 2012». Ki-moon spera che la riunione sul cambiamento climatico che si terrà a Poznan in dicembre dia «un forte segnale politico sul rafforzamento dei meccanismi finanziari e del trasferimento di tecnologie per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi».
Il segretario generale dell´Onu ha poi ricordato agli studenti ed ai professori di Harvard che «è necessario lavorare in maniera più coordinata per rafforzare i sistemi sanitari nel mondo». Ki-moon ha anche detto che per quanto riguarda il terrorismo occorre «promuovere approcci non tradizionali in materia di sicurezza. La forza militare è raramente sufficiente a mettere fine alla violenza terroristica», forse l´Onu comincia a fare una qualche autocritica davanti ai fallimenti irakeni e afghani.
Per quanto riguarda il disarmo e la non proliferazione i richiami di Ban Ki-moon sanno di impotenza:«l´Onu promuove trattati come il Trattato di interdizione completa degli esperimenti nucleari, che è stato firmato ma non è ancora entrato in vigore, le convenzioni sulle armi chimiche e biologiche, che non hanno ancora ricevuto un´adesione universale, e il Trattato di non-proliferazione nucleare, che è di fronte ad una crisi di fiducia. Rimangono da negoziare dei trattati e da rinnovare. E nuovi sforzi sono necessari per creare nuove zone libere da armi nucleari, soprattutto in Medio Oriente, e perché funzionino le zone esistenti».
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