Il quarto Rapporto Ipcc, questo sconosciuto
FIRENZE. Inviso ai negazionisti, criticato dagli scettici, appoggiato dagli ambientalisti, venerato dai profeti di sventura. Il quarto Rapporto Ipcc, pubblicato in versione integrale il 17 novembre 2007, contiene lo stato dell’arte delle analisi sul surriscaldamento globale, sulle sue cause, sui metodi di contrasto dei suoi effetti. Nel dicembre 2007 il gruppo di lavoro dell’Ipcc è stato insignito, insieme ad Al Gore, del premio Nobel per la pace «per gli sforzi compiuti per costruire e divulgare una conoscenza più approfondita riguardo al ruolo antropico nel surriscaldamento globale».
In occasione dello scontro tra Italia e Ue riguardo alle politiche da adottare per contrastare il surriscaldamento, e nell’approssimarsi della conferenza di Poznan sui cambiamenti climatici che si terrà in dicembre, abbiamo pensato di fornire una rilettura sistematica del Quarto rapporto. Ciò anche per migliorare la consapevolezza riguardo a tematiche che sono spesso affrontate, dalla politica, dai media e nel web 2.0, in maniera generica e non approfondita. Fenomeno di per sé comprensibile, ma che ha causato una notevole confusione nel dibattito pubblico: un documento – il Rapporto – che si basa sul concetto di “incertezza” (anche in conseguenza delle serrate trattative che hanno preceduto la sua pubblicazione), viene spesso trattato alla stregua di una Bibbia dotata di capacità profetiche. E l’errore è compiuto nei due sensi: i cosiddetti “negazionisti” urlano allo scandalo criticandone le “verità di fede”, i loro dirimpettai “catastrofisti” gridano all’Apocalisse trasformando le ipotesi in certezze. E, in mezzo, sballottati dalla veemenza del dialogo tra due posizioni contrapposte (ed entrambe tendenziose), gli uomini e le donne di buona volontà a cercare di capire il Quarto rapporto nei suoi dettagli, nelle sue (poche ma lampanti) certezze, nei suoi tanti distinguo. Capire per sapere, semplicemente, capire per comprendere, capire (lo speriamo nel caso dei decisori politici) per agire senza allarmismi, ma anche senza ipocriti infingimenti.
Chiariamo anzitutto che la nostra analisi porrà l’attenzione sul cosiddetto “Synthesis report”, cioè il riassunto completo del quarto Rapporto, pubblicato in novembre dall’Ipcc. Documento che – attenzione – è leggermente diverso dal cosiddetto “Summary for policymakers”, cioè la più semplicistica sintesi per i decisori politici, la cui diffusione è avvenuta ben prima (da febbraio 2007) e di cui vi daremo comunque conto nelle prossime settimane.
Partiamo quindi dall’introduzione: il quarto Rapporto Ipcc (che fa seguito ai tre precedenti: 1990, 1995, 2001) raccoglie il lavoro di tre gruppi tematici. Il primo gruppo ha lavorato sui principi fisici di base del Gw, il secondo ha analizzato il suo possibile impatto sulle società umane e i possibili adattamenti, il terzo ha approfondito le possibili iniziative di mitigazione. I dati raccolti e sintetizzati evidenziano naturalmente diversi gradi di affidabilità, così come diversi livelli di attendibilità sono associati alle previsioni per il futuro. In conseguenza di ciò, fin dall’introduzione viene chiarito un aspetto che – vedremo poi – sarà fondamentale tenere in debito conto nel corso dell’analisi del quarto Rapporto: e cioè il cosiddetto «Treatment of uncertainties», il modo in cui saranno classificate le varie informazioni e previsioni a seconda della loro attendibilità. Ciò è di fondamentale importanza poichè solo raramente, nel Rapporto, si potranno incontrare affermazioni categoriche su dati considerati certi («unequivocal»), mentre più spesso ci troveremo davanti a ipotesi caratterizzate da diversi valori di probabilità, in special modo per quanto riguarda le previsioni per il futuro. Ma ci ritorneremo al momento giusto.
Il primo capitolo è dedicato alle osservazioni effettuate riguardanti il cambio climatico. Viene subito messo in evidenza quale sia stata l’evoluzione rispetto al precedente terzo Rapporto del 2001: e cioè che, mentre nel documento precedente l’aumento delle temperature medie era dedotto dal «crescente numero di osservazioni che disegnavano un quadro di riscaldamento» (ad esempio, era data come «molto probabile» – very likely, cioè con un’attendibilità tra il 90 e il 99% - la crescita delle temperature superficiali di 0,6 ± 0,2° nel corso del XX secolo) ora sappiamo che senza ombra di dubbio esso, indipendentemente dalle cause che lo hanno generato, è da considerarsi «certo» (unequivocal). Il riscaldamento del sistema climatico, si legge, «è ora evidente dalle osservazioni di crescita delle temperature medie dell’aria e degli oceani, dal diffuso scioglimento dei ghiacci, dalla crescita del livello medio degli oceani». E già questa è una certezza che prima era solo una forte probabilità.
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