Dare ascolto a Rajendra Pachauri
RIETI. Chissà perché Al Gore, l’ex vicepresidente statunitense diventato paladino del clima, attività che gli è valsa il premio Nobel per la Pace 2007, nel suo utilissimo film Una scomoda verità non ha praticamente toccato l’argomento “alimentazione a base di prodotti animali ed effetto serra”. Tocchiamolo noi dunque.
Prestiamo orecchio alle esortazioni di Rajendra Pachauri. Chi è costui? E’ uno scienziato indiano che coordina l’ottimo lavoro dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), l’organismo scientifico dell’Onu incaricato di valutare i rischi dei cambiamenti climatici indotti dalle attività umane. In effetti l’Ipcc è stato l’altro vincitore del premio Nobel per la Pace 2007, insieme a Gore.
Ebbene lo scienziato indiano ha offerto ai cittadini del mondo che sentono la responsabilità di agire contro il caos climatico tre ricette ampie eppur precise:
1) andare di più in bici e meno in auto,
2) non comprare qualcosa solo perché esiste in vendita,
3) ridurre o eliminare il consumo di alimenti animali.
Soffermiamoci sull’ultima proposta, per completare sul fronte internazional-social-ecologico-climatico quanto scritto nella rubrica scorsa rispetto a “carne e cinque sensi”.
La produzione e il consumo mondiali di carne sono ad alta intensità di gas a effetto serra, oltre che inadatte a un mondo di affamati. Lo ha fatto notare alle fine del 2006 un rapporto della non proprio animalista Fao, Livestock’s long shadow. Citiamo dal sito dell’agenzia Onu: “gli allevamenti generano il 18% delle emissioni di CO2 equivalente oltre a essere una grande fonte di inquinamento dell’acqua e dei suoli” (e di consumo degli stessi, aggiungiamo).
La Fao precisava anche che “con la crescita del reddito, le fasce medie della popolazione mondiale consumano più carne, latte, latticini e uova. E’ previsto un raddoppio della produzione globale di carne dai 465 milioni di tonnellate del 1990/91 ai 465 del 2050, e quella di latte potrebbe passare da 580 a 1.043 milioni di tonnellate.
Il 33% della superficie agricola coltivabile della Terra è usato per alimentare animali da allevamento, i quali sono fabbriche inefficienti e rendono in proteine, calorie, grassi, meno di quel che hanno mangiato, per cui occorrono dai 2 ai 10 kg di vegetali (cereali, proteaginose) per produrre 1 kg di carne.
Tragico è il problema allevamenti per le foreste tropicali, bruciate e tagliate (con rilascio di enormi quantità del carbonio colà stoccato) per far posto a coltivazioni di soia da mangime e a pascoli. Un recente rapporto di Greenpeace (Amazzonia arrosto di fine 2008) mostra come l’allevamento sia la principale causa della distruzione della foresta amazzonica in molte aree.
Quanto ai bovini, nel processo di ruminazione emettono metano, un altro (e potente) gas climalterante. Il 33% del metano del mondo viene dal bestiame, e ogni anno aggiunge alle emissioni di gas serra ben 2,2 miliardi di tonnellate in termini di CO2 equivalente. Un altro gas serra è l’ossido di azoto, che sfugge dai suoli agricoli quando questi sono stati trattati con fertilizzanti azotati (anche naturali).
Certo, mangiare un animale allevato biologicamente a erba riduce al 40% le emissioni relative. Ma i capi macellabili sarebbero molti di meno rispetto a quelli possibili se gli animali sono impilati in stalle intensive.
C’è poi tutto il ciclo della produzione fino al consumo finale. Più di altri alimenti, la carne va tenuta, come ha ben spiegato Pachauri, sempre rigorosamente al freddo. Freezer su freezer, dal macello al trasporto, allo stoccaggio, all’ingrosso, ai negozi, alle cucine di casa. E produrre il freddo costa energia!
Rimane da dire che, fra tutte le rivoluzioni che ci sono richieste su tutti i fronti per aiutare l’umanità e il pianeta, la rivoluzione alimentare verso gli alimenti vegetali è quella che anche una singola persona può compiere direttamente, senza dover essere facilitata da infrastrutture o servizi. Basta informarsi. Anche sugli aspetti della salute. Ad esempio, vedere il libro VegPyramid. La dieta vegetariana degli italiani, scritto dal medico Luciana Baroni (Sonda, 2008).
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