Bracconieri all'arrembaggio
Cacciano le specie a rischio e con sistemi illegali. e in alcuni casi il loro business è controllato dalla mafia. La mappa del bracconaggio in Italia fornita da Isidoro Furlan, Comandante del nucleo investigativo di polizia forestale del comando provinciale di Vicenza del Corpo forestale
Caccia agli uccelli acquatici lungo la costa e i laghi in Puglia, sulle coste in Toscana e nel Delta del Po in Veneto, ai migratori in Toscana e Lazio, ai rapaci nello stretto di Messina, ai piccoli passeriformi in Lombardia con archetti e reti, con vischio e uccellagione nel Friuli. È la mappa del bracconaggio in Italia fornita da Isidoro Furlan, Comandante del nucleo investigativo di polizia forestale del comando provinciale di Vicenza del Corpo forestale, al convegno ospitato alla mostra-mercato ExpoRiva Caccia Pesca Ambiente a Riva del Garda, in Trentino.
"Il fenomeno non è in regresso - chiarisce - e in alcune regioni, come in Puglia, è controllato dalla mafia, che arriva a chiedere sino a mille euro a persona per la caccia abusiva di due-tre notti agli uccelli acquatici negli acquitrini, dai barili in acqua. E il mercato - aggiunge - appare florido e si assiste ad una sorta di migrazione dei bracconieri da una regione all'altra, soprattutto nel Sud Italia, durante l'anno. Questo spiega perché in alcune regioni si registrano maggiori reati rispetto ad altre. Abusi compiuti da persone residenti altrove".
Per 15 anni Furlan ha dato la caccia ai bracconieri in ogni angolo d'Italia e conosce il fenomeno. "I bracconieri sono dei cacciatori con il Dna graffiato, che si eccitano ad infrangere le leggi e a trovare sempre nuovi sistemi per eludere i nostri controlli". Il fenomeno ha risvolti economici. Nella zona di Bergamo e Brescia la vendita dei piccoli uccelli frutta sino a 20.000 euro all'anno ai bracconieri. "Alcuni arrivano a catturare 5.000-10.000 uccellini - spiega Furlan - poi rivenduti a due euro l'uno sul mercato per soddisfare le richieste degli amanti dei menù tipici".
In taluni casi è quasi guerra. Per intervenire sullo stretto di Messina a difesa del falco Pecchiaolo, chiamato localmente Adorno, le pattuglie del Noa (Nucleo operativo antibracconaggio) della Forestale operano con binocoli e anche carabine Winchester e mitragliette M12. Emerge un fatto culturale. In Trentino dove la caccia è regolamentata con il vecchio sistema austro-ungarico, e i cacciatori operano in riserve ben delimitate, il fenomeno appare più limitato che altrove. Riguarda circa l'uno per cento dei capi.
C'è chi invoca più fermezza. "Un bracconiere - afferma l'ambientalista Alessandro De Guelmi - va considerato come un delinquente, come una persona che non paga le tasse e ruba agli altri". Nel 2008 l'ispettorato Generale del Corpo Forestale dello Stato ha accertato 1.738 reati, con 6 arresti, 5.587 violazioni amministrative e sanzioni pecuniarie per 2,4 milioni di euro. La regione con maggiori illeciti è la Toscana (881), poi Lazio (698), Abruzzo (518), Basilicata (400), Emilia Romagna (385), Puglia (369) e Veneto (366). I maggiori sequestri si sono registrati in Veneto(70) e Umbria (67). Per numero di reati guida la Puglia (221 con 159 persone denunciate), davanti a Lazio (180-112), Campania (170-121), Lombardia (140-119) e Calabria (127-110).
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