Scambiare CO2 con le foreste? Un grave errore!
Bonn, Germania — Includere le misure per la protezione delle foreste nel mercato di scambio delle emissioni determinerebbe un crollo del 75% del prezzo dei crediti di CO2. Ciò vanificherebbe gli sforzi in atto per combattere il cambiamento climatico e i Paesi in via di sviluppo perderebbero gli incentivi destinati allo sviluppo di energie pulite e rinnovabili per miliardi di dollari ogni anno. È quanto emerge dal nuovo rapporto commissionato da Greenpeace.
Proprio ai negoziati internazionali di Bonn, infatti, verrà valutata la proposta di includere i crediti derivanti dal REDD (Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degradazione delle Foreste) all’interno dei meccanismi per il commercio delle emissioni. Nel rapporto - commissionato da Greenpeace a una delle poche organizzazioni di esperti (KEA 3) che lavorano sull’interazione “deforestazione-cambiamenti climatici” - si esamina questa proposta valutandola in base all’obiettivo che l’Unione Europea e molti altri paesi ritengono imprescindibile: mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C.
Il rapporto dimostra che paesi come la Cina, l’India e il Brasile potrebbero perdere 10 miliardi di dollari di investimenti per lo sviluppo di energie pulite se le misure per la protezione delle foreste - senza alcuna restrizione - verranno incluse in un mercato dei crediti di CO2. Se questi paesi non saranno messi in condizione di sviluppare rapidamente fonti rinnovabili, le emissioni, a livello globale, continueranno a crescere.
La deforestazione, soprattutto nelle aree tropicali, determina il 20% delle emissioni di CO2 a livello globale. Fermare la distruzione delle foreste del pianeta è, senza dubbio, il modo più veloce e semplice per combattere il cambiamento climatico.
“Acquistare crediti di CO2 che risultino particolarmente economici attraverso il meccanismo REDD è un argomento che desta l’interesse di molti. Ma a un’analisi più attenta questi ultimi si rivelano più che altro pericolosi, non ci aiuteranno a salvare le ultime foreste del pianeta né a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici – sostiene Chiara Campione, responsabile della Campagna Foreste di Greenpeace Italia – Delle innumerevoli opzioni sul tavolo delle trattative di Bonn questa è senz’altro la peggiore.”
Greenpeace crede che i mercati di scambio della CO2 dovrebbero focalizzarsi sulle nuove tecnologie per la produzione di energia pulita e rinnovabile. I paesi industrializzati dovrebbero impegnarsi ulteriormente per fermare la deforestazione a livello globale istituendo un fondo per la protezione delle foreste nei Paesi in via di sviluppo. È l’unico meccanismo che garantirebbe benefici sia in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici, sia di protezione della biodiversità e dei diritti dei popoli indigeni che popolano le ultime foreste del pianeta.
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