c
Home
Capitolo |
RASSEGNA STAMPA Invia questa notizia ai tuoi conoscenti |
Home
Sito |
[Data: 31/03/2009] [Categorie: Sostenibilità ] [Fonte: Rinnovabili.it] |
[Autore: Roberto Crosti] |
Social network: e decine d'altri attraverso addthis.com |
Spazio autogestito Google |
I pericoli del biofuel Alcune specie agroforestali per la produzione di biocombustibile costituiscono una potenziale invasività e un danno alla biodiversità nell’ambito degli agroecosistemi Al fine di ridurre le emissioni di CO2 e favorire l’indipendenza energetica ed un nuovo mercato economico, molti Paesi Europei stanno promuovendo l’utilizzo di biomasse di origine vegetale per la produzione di energia (di seguito citate anche come biofuel). L’invasività della specie Affinché una specie vegetale possa essere efficiente per la produzione di biomassa è necessario che abbia caratteristiche eco-fisiologiche tali da renderla un’ottima specie competitrice, tali caratteristiche sono: elevata riproduzione (sia da seme che vegetativa), rapida crescita, resistenza a patogeni ed ampie capacità di adattamento ecologico. Molte di queste caratteristiche sono state, tra l’altro, accresciute grazie a miglioramenti genetici per l’aumento della resa e l’ottimizzazione della produzione. L’invasibilità dell’ambiente I sistemi agricoli sono particolarmente suscettibili alle invasioni biologiche: degrado, frammentazione, alterazione del ciclo idrogeologico e dei nutrienti, presenza di habitat disturbati e di terreni di riporto favoriscono, infatti, l’invasività delle specie. Inoltre, molti vettori presenti nelle aree agricole, dal trasporto merci ai coltivi abbandonati, favoriscono la dispersione dei propaguli delle specie invasive. Il regime colturale La previsione, sul territorio Italiano, di estese coltivazioni di specie da biomassa e di un loro reimpianto annuale, favorito anche dalla presenza di sussidi economici potenzialmente non collegati alla raccolta e/o produzione di energia, sono elementi che vanno a favore di un adattamento e naturalizzazione delle specie utilizzate. In aggiunta, molte delle coltivazioni ad uso annuale come ad esempio il panico, il sorgo, il cardo, che vengono utilizzate per l’enerigia termica, per praticità di raccolta e stoccaggio vengono lasciate nel campo fino alla fine del loro ciclo vegetativo. Questo favorisce la raccolta di fitomassa secca ma anche la dispersione dei semi e la conseguente fuga “da coltivo”. Anche l’utilizzo di specie con wild relatives, come ad esempio il cardo evolutosi dal pool genetico del carciofo selvatico, possono arrecare danno alla biodiversità in quanto se da una parte la cultivar ha il vantaggio di essere adattata all’ambiente, dall’altra questi sono genotipi ‘estranei’ appositamente selezionati per riprodursi; in aggiunta possono essere interfertili e “inquinare geneticamente” la specie nativa originaria. Molte specie proposte per biomassa, non hanno in Italia un produzioni colturali già esistenti e non se ne conosce, di conseguenza, la potenziale invasività al di fuori del coltivo. La valutazione Le coltivazioni per biomassa non si sono ancora ben sviluppate sul territorio italiano e va considerato che l’invasività di una specie può emergere anche a decenni dalla sua prima introduzione a scopi agricoli. D’altra parte però, non tutte le specie proposte sono potenzialmente invasive. Per questo motivo l’ex APAT (ora ISPRA) ha realizzato un adattamento per l’Italia centrale, a clima mediterraneo, della valutazione del rischio di invasività delle specie vegetali (WRA-Weed Risk Assessment) già in uso in altri paesi. Il metodo si basa su un’analisi della biogeografia, dei dati storici, della biologia ed ecologia delle specie. Lo schema di valutazione prevede 49 domande alle quali viene restituito di un punteggio dove a valori alti corrisponde elevata invasività. L’adattamento è stato successivamente applicato alle specie utilizzate per il biofuel [5]: i risultati hanno valutato come potenzialmente invasive alcune specie attualmente già coltivate ed altre per le quali al momento non esiste un regime colturale in Italia La mitigazione Scopo principale della valutazione è stata l’individuazione di quelle specie potenzialmente invasive, per le quali sono fornite indicazioni colturali al fine di ridurne il rischio di “fuga da coltivo” o scoraggiarne la coltivazione. Dallo studio è emerso ad esempio che la coltivazione di specie arboree per la SRF quali Acacia spp (Foto 1), ailanto e robinia andrebbe scoraggiata. In alternativa andrebbe realizzato, in fase di raccolta, il taglio delle infiorescenze. |
Per il nostro
Emporio...
clicca!
Spazio autogestito Google