Nucleare, Edf allunga la mano
L'operatore francese tentenna sulla costruzione dei nuovi reattori in Gran Bretagna: per reggere il confronto con le altre fonti, incluse le rinnovabili, sono indispensabili incentivi pubblici, dichiara al Financial Times. Ma in Gran Bretagna come in Italia l'atomo non avrebbe dovuto reggersi in piedi da solo?
Il nucleare senza aiuti di Stato non conviene. Più volte lo abbiamo raccontato su queste pagine e ora ad ammetterlo implicitamente sono i vertici di EDF, la società francese a partecipazione pubblica leader mondiale del settore. La stessa società con cui l'Enel ha firmato un “Memorandum of Understanding” che prevede la collaborazione per la realizzazione di 4 reattori Epr per il ritorno dell’Italia all’atomo.
Per costruire le centrali che Edf dovrebbe realizzare nel Regno Unito - ha spiegato al Financial Times Vincent de Rivaz, direttore di EDF per la Gran Bretagna - serve “un campo da gioco livellato” che permetta al nucleare di competere ad armi pari con le altre fonti a basse emissioni, come l’eolico. Servono cioè sussidi generosi come quelli che il governo britannico ha dichiarato di voler stanziare per l’energia dal vento e per la cattura della CO2. Una presa di posizione quella di Edf che mette in forse il piano nucleare inglese, piano che Downing Street ha sempre assicurato sarebbe stato realizzato senza aiuti pubblici.
Edf l’anno scorso aveva pagato 12,5 miliardi di sterline per l’acquisto di British Energy, l’operatore nucleare inglese, e dovrebbe costruire in terra d’Albione almeno 4 nuovi reattori al costo di circa 5 miliardi di euro l’uno. Già due settimane fa l’azienda aveva cercato di rendere più solida la sua situazione economica, vendendo il 20% di British Energy e cercando altri capitali. Ora Edf tentenna ancora sul piano britannico per l’atomo: “la decisione finale deve essere presa entro il 2011, ma per dare l’avanti-tutta servono le condizioni giuste”. C’è bisogno di rassicurare gli investitori (tra cui il Governo francese, proprietario dell’85% delle azioni) che l’operazione ha economicamente senso, spiega Rivaz al Financial Times. E perché abbia senso servono incentivi pubblici.
Il timore di Edf, infatti, è quello della concorrenza delle altre fonti. Per quelle fossili la speranza è che i prezzi dei permessi ad emettere salgano al punto da renderle perdenti nel confronto con l’atomo: “non produrremo elettricità senza emissioni se non arriveranno i segnali giusti dal mercato della CO2”, spiega il dirigente. Ma sono anche le rinnovabili a intimorire chi vuole costruire nuovi reattori: la preoccupazione di Edf è infatti che gli incentivi alle fonti pulite in Gran Bretagna portino all’installazione di una capacità eolica talmente elevata da dover costringere a fermare le centrali nucleari nei giorni in cui c’è molto vento, distruggendo così la convenienza economica dei nuovi reattori.
Insomma, quello che emerge dalla presa di posizione di Edf è chiaro: il nucleare economicamente non si può reggere in piedi da solo, tanto meno in un mercato elettrico in cui la CO2 costi troppo poco e in cui le rinnovabili continuino ad essere incentivate. Condizioni che se sono vere per la Gran Bretagna lo sono tanto di più per il nostro paese, in cui le fonti pulite hanno uno dei trattamenti economici migliori d’Europa. L’unico modo per realizzare e far funzionare i reattori sono gli incentivi pubblici. Ma, almeno finora, sia il Governo britannico che quello italiano, hanno ripetuto che non ci saranno aiuti statali per il nucleare.
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