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[Data: 22/07/2009] [Categorie: Alimentazione ] [Fonte: AgireOra] |
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Guarire il cuore con la dieta Un libretto spiega come una dieta a base vegetale possa prevenire e anche guarire stati patologici cardiovascolari.
"Viviamo incastrati, soli, in decine e decine di trappole e gabbie dalle
sbarre invisibili. Ogni aspetto della vita puņ essere una porta di
accesso a questo ingarbugliato sistema".
Non e' l'incipit di un romanzo, ma un passo tratto dall'introduzione a
una raccolta di articoli scientifici dal titolo "Guarire il Quore" (si', con la Q, come l'onda Q che si presenta nell'elettrocardiogramma di chi ha avuto un infarto) che il dott. Luca Vannetiello ha raccolto in un breve libro gratuito, liberamente scaricabile alla pagina
Guarire il Quore.
Il libretto racconta di come una dieta a base vegetale possa non
solo prevenire, ma far regredire e "guarire" stati patologici
cardiovascolari in atto. Ne parla in modo semplice e diretto,
rifuggendo il nodo di una medicina prigioniera di una concezione
culturale altezzosa prima ancora che di evidenti vincoli di interesse.
Ma parla anche di noi, delle nostre difficolta' e paure nel cambiare
anche quando e' in gioco la nostra vita e la nostra salute.
Il libro in sostanza spiega e commenta due articoli scientifici (riportati nella loro versione originale in inglese)
che trattano proprio di questo tema.
Il primo articolo "Risolvere
l'epidemia di coronaropatia attraverso una nutrizione a base vegetale"
del dott. Esselstyn, mette in evidenza la contraddizione tra la (giusta)
enfasi posta sui fattori di rischio, in primis il colesterolo, e
l'assenza e la vacuita' delle contromisure: cioe' le indicazioni a
favore di una dieta con basso apporto di grassi animali.
Lo studio
ricorda come le patologie cardiovascolari si manifestino gia' in giovane
eta' e come il problema non sia questo o quel vaso danneggiato ma sia lo
stato di tutto il sistema circolatorio. Anche per un profano e'
ragionevole pensare che se un tubo e' ostruito (ed e' questa la causa
dell'infarto) gli altri difficilmente saranno in condizioni migliori.
Eppure, solo in America si investono 250 miliardi di dollari in
interventi di by-pass che danno un beneficio temporaneo sulle situazioni
estreme (70% di occlusione) e non si interviene nei casi di pazienti
giovani, dove ben piu' forte e' il rischio che una placca di grasso, staccandosi, vada ad
ostruire completamente un'arteria.
Dallo studio Framingham, si evince il dato che il 35% delle ischemie
colpisce pazienti con colesterolo tra 150 e 200 mg/dl [cioe' valori
ritenuti normali]; un altro importante studio, il "Cholesterol And
Recurrent Event" riporta che i pazienti con storia di infarto avevano
una media di colisterolemia di 209 mg/dl. Da piu' di 20 anni si sa che
con un livello di colesterolo di 150 mg/dl si eviterebbero il 90% degli
infarti. Un livello facilmente raggiungibile con una dieta priva di
grassi animali: uova, crostacei, latte, formaggio e carne sono le
principali fonti esogene di colesterolo.
Ma le linee guida nutrizionali americane (come le nostre del resto)
mantengono il limite molto al di sopra della soglia dei 150 mg/dl. Le
commissioni e gli istituti che le redigono sono compromessi con la
politica e l'industria: se nelle loro raccomandazioni e campagne si
basassero solo sui dati scientifici la situazione sarebbe ben diversa,
con enormi vantaggi in termini di vite umane, di sofferenza... e di
bilanci pubblici.
La parte piu' interessante di questo articolo non riguarda pero' i
(noti) benefici in termini di prevenzione di una dieta con basso apporto
di grassi animali, ma il fatto che i danni cardiovascolari si possono
riparare, e in un arco di tempo relativamente breve (5 anni). Gli
angiogrammi(immagini ai raggi X delle arterie ottenuti con un liquido di
contrasto iniettato in circolo attraverso un catetere) riportati nel testo sono di una evidenza impressionante.
Si puo' vedere la comparazione delle stesse arterie prima palesemente
"strozzate", e poi praticamente normali.
Nel secondo articolo preso in esame nel libretto,
"Can lifestyle changes reverse
coronary hear disease?" del dott. Ornish e altri, si riportano analoghi
risultati ottenuti solo grazie alla dieta, e anche in un tempo minore (un
anno).
Il dottor Esselstyn definisce i metodi della cardiologia moderna come
"palliativi", che hanno cioe' l'obiettivo di rallentare il decorso della
malattia e non quello di guarire. E in effetti, nel corso dello studio
di Ornish, i pazienti del gruppo di controllo registrarono un
peggioramento proporzionalmente maggiore rispetto al miglioramento
registrato nel gruppo sperimentale (cioe' quello che seguiva una dieta a base veegtale).
Tutto questo - e ricordiamo che stiamo parlando di miglioramenti
importanti - si e' ottenuto senza ospedalizzazione e senza ricorrere a
farmaci, ma solo attraverso un cambiamento dello stile di vita. Non
mangiando carne e latticini e uova queste persone hanno salvato il loro
cuore, oltre che tanti animali e l'ambiente.
L'articolo di Ornish pone poi il problema di quanto siano applicabili questi
cambiamenti di stili di vita a una piu' ampia platea di pazienti
cardiopatici (e non solo, aggiungiamo noi, questi cambiamenti fanno bene
a tutti). Ma l'obiettivo dello studio
era capire se fosse vero, se fosse possibile fare regredire una
patologia cardiaca. E la risposta e' stata si'.
Cambiare lo stile di vita puo' sembrare difficile, e per molti "adulti
vecchi" lo e'; ma cos'e' in confronto a trovarsi a 50 anni col destino
segnato, imbottiti di farmaci, con l'incubo di un attacco di angina o di
un altro infarto che puo' esserci fatale?
Questa sorta di rassegnazione a che "la gente non cambia" fatta propria
da tanta parte della medicina (peraltro funzionale a potenti gruppi di
interesse alimentari e farmaceutici) e' anche dentro di noi. Sono quelle
gabbie dalle sbarre invisibili che ci imprigionano di cui si diceva
all'inizio.
Innazitutto bisogna "sapere", essere informati. Che il cuore puo'
guarire e che quel cibo che ci fa male e' fonte di una sofferenza
infinita per gli animali e di danni gravissimi al pianeta. Poi, "per
poter cambiare e' necessario non sentirsi soli. Bisogna condividere ,
bisogna darsi forza e sostegno a vicenda. Bisogna ridere del proprio
cambiamento".
Cambiare, salvare animali e noi stessi e "ridere". E' bellissimo e
possibile.
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