Clima, Obama: «Rischiamo la catastrofe» La Cina: ridurremo emissioni entro 2020
Vertice Onu, Ban Ki-moon: lentezza glaciale. Sarkozy: summit a novembre. Prestigiacomo: preoccupata per i tagli
NEW YORK (22 settembre) - «Il tempo rimasto per correre ai ripari sta per scadere», ha messo in guardia il presidente americano Barack Obama intervenendo oggi a New York al vertice Onu sul clima. «La sicurezza e la stabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli - la nostra prosperità, la nostra salute e la nostra sicurezza - sono a rischio» a causa della minaccia climatica, ha aggiunto il presidente americano, invitando i Paesi emergenti coma la Cina e l'India «a fare la loro parte» per affrontare il riscaldamento del pianeta adottando «misure vigorose». E mentre Ban Kii-moon dà l'allerta «abbiamo meno di dieci anni per evitare gli
scenari peggiori». Ma oltre agli allarmi lanciati dagli Usa, le risposte più concrete sono arrivate da Cina e Giappone. Mentre con realismo il presidente Sarkozy ha parlato di «punto morto» e ha rilanciato una conferenza a Copenaghen a dicembre.
Cina: riduzioni entro il 2020. E la risposta dalla Cina non è mancata. Il presidente cinese Hu Jintao ha detto subito dopo che la Cina intende ridurre le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di prodotto nazionale lordo di un «margine notevole» entro il 2020. Inoltre Hu Jintao si è impegnato a «sviluppare vigorosamente» le energie rinnovabili e l'energia nucleare, con un aumento del 15 per cento (sempre entro il 2020) della quota di energia non fossile nel totale del consumo energico della Cina.
La Cina è diventato il Paese con le maggiori emissioni di gas inquinanti. Il totale delle emissioni di Stati Uniti e Cina si avvicina al 40 per cento della parte mondiale.
Giappone: Green New Deal come Obama. Il primo ministro del Giappone Yukio Hatoyama ha invitato la comunità internazionale a varare «un Green New Deal, come quello iniziato dal presidente Obama». Hatoyama ha ricordato le misure che saranno adottate dal Giappone e che erano già presenti nel «manifesto elettorale» del suo partito, il quale promette «la riduzione del 25% delle emissioni di gas serra entro il 2020». Il primo ministro ha però aggiunto che «il Giappone da solo non può fermare il cambiamento climatico» e per questo motivo «i Paesi sviluppati devono guidare la riduzione delle emissioni».
Plauso di Gore. Gore ha elogiato la Cina, affermando che Pechino ha mostrato «uno spirito d'iniziativa impressionante» con il suo annuncio, ed anche il Giappone (ha definito «formidabile» l'intervento di Hatoyama).
Più deludente è stato l'intervento di Obama che pur ribadendo l'urgenza e la gravità del problema e per mettendo in risalto di avere fatto nei suoi otto mesi di presidenza per affrontare la sfida climatica più di tutti i suoi predecessori non ha offerto oggi iniziative volte a sbloccare la situazione di stallo dei negoziati quando mancano ormai solo due mesi e mezzo alla conferenza di Copenaghen. Obama ha detto che gli Stati Uniti sono impegnati a fare un investimento senza precedenti nel campo della energia pulita, ad applicare nuovi standard per ridurre le emissioni di gas inquinanti dei veicoli e a fornire assistenza tecnica ai paesi sottosviluppati. Ma l'amministrazione Obama ha ammesso oggi a New York che molto dipende anche dalle azioni di un Senato alle prese al momento con la riforma della sanità.
Delusione. Gli Usa contestano anche le pressioni europee per l'uso dei livelli del 1990 come base di partenza per i tagli alle emissioni: gli americani desiderano partire invece da livelli più recenti considerati da Washington «più vantaggiosi». «Siamo veramente delusi dall'intervento di Obama - ha detto oggi Thomas Henningsen, un dirigente di Greenpeace - Invece di fare un passo avanti gli americani hanno fatto un passo indietro».
Ban Ki-moon: lentezza glaciale. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon all'apertura del vertice aveva rimproverato la comunità internazionale per la «lentezza glaciale» dei negoziati in un nuovo trattato internazionale che sostituisca il protocollo di Kyoto. Parlando dal podio dell'Assemblea Ban Ki-moon ha detto che «abbiamo meno di dieci anni per evitare gli scenari peggiori» causati dal surriscaldamento del pianeta. Il segretario generale, recentemente in missione al Polo Nord, ha anche avvertito che «sull'Artico i ghiacci potrebbero sparire entro il 2030 e le conseguenze sarebbero sentite dai popoli di ogni continente». Il cambiamento climatico, ha continuato Ban, colpisce soprattutto i Paesi meno sviluppati, e in particolare l'Africa, dove «il cambiamento climatico minaccia di cancellare anni di sviluppo (...) destabilizzando stati e rovesciando governi». Ban ha lanciato un appello ai Paesi industrializzati, invitandoli «a fare il primo passo», perchè «se lo farete - ha continuato il segretario generale - altri adotteranno misure audaci». Per il capo del Palazzo di Vetro, il nuovo trattato deve includere «obiettivi per la riduzione di emissioni entro il 2020» e «supporto finanziario e tecnologico» ai Paesi in via di sviluppo, cioè quelli che «hanno contribuito di meno a questa crisi ma hanno sofferto di più, e per primi».
Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha proposto dal canto suo un vertice delle principali economie mondiali a novembre per fare il punto sui rispettivi impegni in materia di lotta contro i cambiamenti climatici, al fine di garantire il successo della riunione di Copenaghen a dicembre. «Di fronte alla complessità della situazione, un nuovo vertice prima di Copenaghen è necessario - ha sostenuto intervenendo al palazzo di Vetro - La Francia propone che i capi di stato delle grandi economie, che rappresentano l'80 per cento delle emissioni e che avevano ben lavorato a luglio a L'Aquila, si ritrovino a metà novembre», al fine di «precisare i loro impegni per assicurare il successo di Copenaghen». Sarkozy ha poi rivolto un appello ai paesi emergenti chiedendo loro di contribuire alla salvaguardia del pianeta. «Dobbiamo decidere per il pianeta. Dovremo pagare per i paesi più vulnerabili e non ci sono altre scelte».
Prestigiacomo: non rifinanziate voci legate obiettivi di Kyoto. Il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo che rappresenta l'Italia alla riunione al Palazzo di Vetro ha detto che anche il nostro paese «deve fare di più. Dobbiamo come italiani vivere con maggiore consapevolezza l'emergenza climatica» anche perchè «la difesa dell'ambiente è una grande opportunità, non solo per ridurre le emissioni inquinanti ma anche per rendere più competitive le nostre imprese». Per la Prestigiacomo, se si abbraccia la green economy, «alla fine ci guadagnano anche i cittadini, non solo a livello di aria che si respira ma anche per il costo finale dell'energia al consumatore». Parlando con i giornalisti la Prestigiacomo ha però ammesso di essere «un po' preoccupata» su questo fronte: ieri sono state pubblicate le tabelle della Finanziaria che non hanno rifinanziato una serie di voci in scadenza nel 2009 legate all'attuazione degli obiettivi di Kyoto. «Servono più soldi per l'Ambiente, non è questo il momento di pensare ai tagli», ha detto il ministro auspicando che in novembre siano devolute al finanziamento della green economy risorse tratte dagli introiti dello scudo fiscale.
Il webcast Onu
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