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Irene, la donna che sussurra ai pappagalli In Italia la dott.ssa Pepperberg, la studiosa che con il suo Alex ha svelato i segreti dell'intelligenza negli uccelli
ROMA - Si inaugura oggi (venerdì 25 settembre) a Trento la seconda edizione di «Mondi Animali Festival», la manifestazione a cura del Museo Tridentino di Scienze Naturali che vedrà ricercatori ed esperti discutere di diritti ed intelligenza animale. Ospite d’eccellenza la dott.ssa Irene Pepperberg, ambasciatrice delle sorprendenti abilità cognitive degli uccelli. Chi non ricorda Alex, il famoso pappagallo che sapeva contare come un bambino di quattro anni, scomparso nel settembre di due anni fa tra la commozione del pubblico e le prime pagine dei giornali. Abbiamo incontrato la Pepperberg durante un seminario a Roma, dove ha discusso i risultati di 30 anni di lavoro con i pappagalli cenerini. Quando l’etologia si beava dei successi di delfini e scimpanzè, la rivoluzionaria Irene decise di studiare una specie dal cervello grande come una noce e lontana dall’uomo quanto un dinosauro. Lei stessa sorride nel raccontare che «quando confidai la mia intenzione di studiare le abilità cognitive dei pappagalli, i colleghi mi guardarono stupefatti e mi dissero: Irene cosa ti sei fumata?».
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Ma allora, dottoressa Pepperberg, perché proprio i pappagalli? «Per varie ragioni. La prima è personale e mi riporta all’infanzia, quando mio padre mi regalò un parrocchetto. Ci parlavo in continuazione e lui sembrava comprendere le mie parole. Quando iniziai il lavoro con Alex, altri studiavano la comunicazione tra uomo e scimpanzè, ma nessuno lavorava con gli uccelli. Eppure, negli anni ’50, studiosi avevano dimostrato le abilità numeriche e linguistiche dei cenerini».
Come è stato il primo incontro con Alex? «Presi Alex in un negozio di animali a Chicago. Ricordo una gabbia con una decina di uccelli nati in cattività, un rumore assordante. Non sapevo chi scegliere, così chiesi al commesso di farlo per me. E lui scelse Alex».
Come fa un semplice pappagallo a guadagnare le prime pagine dei giornali? «Alex riuscì a cambiare l’opinione comune sull’intelligenza animale, mostrando di possedere alcune abilità analoghe a quelle dei bambini piccoli. Non solo, le mie ricerche sfatarono un luogo comune molto diffuso persino nel mondo della ricerca: che gli uccelli sono stupidi».
Cosa faceva Alex di così impressionante? «Sapeva etichettare oggetti e colori. Comprendeva concetti astratti come “forma” e “colore”. Se vedeva un pezzo di carta blu e gli veniva chiesto “quale colore?”, lui rispondeva blu. Nei nostri esperimenti utilizzavamo molteplici combinazioni di forme e colori, in modo da escludere che le risposte di Alex fossero delle semplici associazioni tra stimoli ed etichette verbali. Inoltre, Alex sembrava rendersi conto del potere comunicativo delle “parole”: usava il no per esprimere i suoi desideri agli sperimentatori, mi dispiace per comunicare il suo stato d’animo».
E riguardo ai numeri? «Alex sapeva contare fino a 6. Comprendeva il concetto di equivalenza tra un numero e la sua rappresentazione simbolica, nonché il rapporto maggiore/minore. Un giorno, mettemmo un pezzo di plastica verde rappresentante un 5 vicino a 3 blocchi di legno blu. “Quale colore è più grande?”. Se Alex si fosse basato sulle dimensioni fisiche, avrebbe dovuto dire blu, invece disse verde. Non solo, quando gli mostravamo due simboli numerici di diverso valore e colore, sapeva riconoscere il numero più alto. E questo spontaneamente, mentre gli scimpanzè hanno bisogno di un lungo addestramento».
Ci racconti qualche particolarmente significativo del vostro lavoro. «Ricordo quando Alex, senza aver ricevuto alcun insegnamento specifico, disse per la prima volta la “parola” zero. Eravamo immersi in una sessione di lavoro. Sul tavolo c’erano 3 oggetti gialli, 4 rossi e 6 blu. Io gli chiedevo: di che colore è 3? Lui rispondeva: 5. Continuava a rispondere 5 nonostante le mie insistenze, ma non sembrava annoiato. Allora gli chiesi: di che colore è 5? E lui rispose: nessuno. Rimasi sbalordita Perché? Prima di tutto perché Alex dimostrava di comprendere il significato dello zero, un concetto astratto entrato nella cultura occidentale solo nel 1600. Zero come assenza di attributi. Poi perché sembrava che Alex manipolasse intenzionalmente il mio comportamento. Non ho mai verificato l’esistenza della Teoria della Mente nei pappagalli, ma in quella occasione era come se Alex avesse anticipato i miei pensieri e le mie intenzioni, portandomi a formulare la domanda a cui lui voleva rispondere».
Altri episodi fortuiti ma rivelatori delle sue capacità? «Nel 2004 iniziai uno studio sulle addizioni. Stavamo addestrando un pappagallo, Griffin, a riconoscere il numero 2 facendogli ascoltare 2 click. Quanti sono Griffin? Nessuna risposta. Altri 2 click. Quanti sono? Ancora niente. Allora Alex si intromise nella conversazione e disse 4. Non ci facemmo caso, pensando stesse dando numeri a caso. Poi però, quando generammo altri 2 click, Alex disse 6. Stava davvero contando? A quanto pare sì, dato che replicammo l’esperimento utilizzando degli oggetti ottenendo risultati positivi Alex conosceva i nomi degli oggetti, sapeva contare e fare calcoli».
Cosa ci riserva il futuro? «Attualmente stiamo addestrando i nostri pappagalli a riconoscere i numeri ordinali, quelli che indicano una posizione all’interno di un insieme. Siamo ancora in una fase preliminare e non posso svelare molto, ma sembra che questi stupefacenti uccelli siano in grado di comprendere anche il concetto di cardinalità».